L’attuale SSN nasce dalla 833 del 1978, cioè dal compromesso
storico DC/PCI assecondato da tutti i Partiti ad eccezione del MSI/DN e del PLI, che
permise l’ingresso a “gamba tesa” della politica nella gestione della Sanità. Con la Riforma
fu cancellato il modello Bismarck fondato sulle mutue, e si passò a quello Beveridge,
basato sulla contribuzione generale, che avrebbe dovuto garantire tre
principi: universalità: la salute come un bene dell’intera comunità; uguaglianza:
prestazioni fornite a tutti senza distinzioni di genere, residenza, età, reddito o lavoro;
equità: parità di accesso ai percorsi assistenziali per ogni persona bisognosa di cure.
Il territorio nazionale fu diviso in 650 Unità Sanitarie Locali, strutture operative dei
Comuni, rette da un Presidente con un Comitato di gestione, nominati secondo il Manuale
Cencelli. La pessima gestione amministrativa condusse inevitabilmente, a uno spreco di
risorse pubbliche con un’enorme crescita del deficit. Si palesò inoltre una scarsa qualità
del servizio e la mancata uniformità, qualitativa e quantitativa, su tutto il territorio
nazionale.
Nel tentativo di correggere gli sprechi, col decreto legislativo 502/1992 furono
trasformate le Unità Sanitarie Locali (Usl) in Aziende Sanitarie (Asl) che dalla giurisdizione
dei Comuni passarono a quella delle Regioni, il SSN restando nelle mani della politica.
Oggi la crisi del sistema ha raggiunto un livello limite: l’insostenibile lunghezza dei tempi
di attesa dei tempi di attesa per prestazioni specialistiche ed esami; la carenza di servizi
sul territorio, la carenza di posti letto ospedalieri e nelle RSA con l’aumento delle rette;
l’impossibilità di scelta di Medici di Medicina Generale e dei Medici Pediatri; il difficile
ricorso ai Medici obiettori a garanzia del diritto alla Legge 194; l’affollamento dei Pronto
Soccorso e l’insicurezza degli interventi della rete dell’emergenza-urgenza; la scarsa
reperibilità di farmaci di marca ed anche di soluzioni equivalenti; il contenzioso
amministrativo tra ASL e cittadini a seguito di controlli sui requisiti di esenzione ticket; le
difficoltà nella presa in carico dei bisogni di cura nella continuità assistenziale; l’accesso
carente a servizi sanitari digitalizzati che facilitino lo scambio di informazioni sanitarie dei
pazienti. Come causa di tutto ciò, si continua ad accusare lo scarso finanziamento, ma più
fondi non significa una migliore assistenza sanitaria. Se analizzata pro-capite, la spesa
sanitaria nel 2021 è stata di 2.141,5 euro pro capite; e se a questa aggiungiamo quella out
of pocket per le prestazioni private che ammonta a 692,1 euro, si raggiunge un totale di
spesa di 2.833,6 euro per ogni singolo cittadino.
Invece di volume, di quantità, dovremmo parlare di qualità, avremmo bisogno di
incentivare il valore premiando i migliori risultati di salute derivanti da un’assistenza
proattiva ed efficace che mantenga i pazienti sani. Quando i fornitori sono incentivati a
mantenere la salute anziché rispondere solo alle malattie, badano prima alla prevenzione
e trattano i pazienti in ambienti a basso costo: medicina di base, centri di salute come le
cliniche di quartiere, ancor prima che i problemi di salute diventino seri e richiedano cure
costose in un ambiente ospedaliero.
La soluzione sta nel ritorno al modello Bismark. Affidare la Sanità ad assicurazioni
obbligatorie presso enti sanitari che possono appartenere allo Stato, alle Assicurazioni
stesse o a enti di diritto pubblico privato. L’INAM per esempio, l’Istituto Nazionale per
l’Assicurazione contro le Malattie, fondato nel 1943 e sciolto a seguito della nascita del
SSN, aveva una ottima area di statistica e di analisi dei dati sanitari, con i quali
programmava e gestiva; e annualmente, in base a proiezioni economiche e assistenziali,
garantiva le prestazioni da eseguire e i relativi costi. Aveva inoltre un significativo e
qualificato sistema di “governance”, con personale esperto e qualificato nei diversi settori,
grazie ai quali riusciva a mantenere il pareggio di bilancio.
Sintesi del documento sulla Riforma Sanitaria:
- Origini del Sistema Sanitario Nazionale (SSN):
o Il SSN attuale nasce con la legge 833 del 1978, frutto di un compromesso tra DC e
PCI, con l’ingresso della politica nella gestione della Sanità.
o Viene abbandonato il modello Bismarck basato sulle mutue, passando a quello
Beveridge, che garantiva tre principi: universalità, uguaglianza ed equità. - Struttura iniziale e problemi emersi:
o Furono create 650 Unità Sanitarie Locali (USL) gestite dai Comuni. Tuttavia, una
gestione inefficace portò a sprechi di risorse, crescita del deficit e qualità del
servizio scarsa e non uniforme su tutto il territorio. - Riforma del 1992 (Decreto legislativo 502/1992):
o Le USL furono trasformate in Aziende Sanitarie Locali (ASL), passando dalla
giurisdizione comunale a quella regionale. Il SSN rimase comunque sotto il controllo
politico. - Problemi attuali del sistema sanitario:
o Crisi del sistema: tempi di attesa lunghi per prestazioni, carenza di servizi, letti
ospedalieri, e problemi di accesso a medici e farmaci.
o Contenziosi amministrativi: tra ASL e cittadini riguardo le esenzioni ticket.
o Difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari digitalizzati. - Finanziamento e sostenibilità:
o Nel 2021 la spesa sanitaria pro capite era di 2.141,5 euro, con un ulteriore 692,1
euro per prestazioni private (totale di 2.833,6 euro pro capite).
o Si sottolinea che più fondi non implicano necessariamente una migliore assistenza.
Si propone di migliorare la qualità piuttosto che la quantità delle risorse. - Proposta di riforma:
o La soluzione proposta è un ritorno al modello Bismarck, basato su assicurazioni
obbligatorie per la sanità, che potrebbero essere gestite da enti pubblici o privati.
o Si fa riferimento all’INAM (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie),
fondato nel 1943 e sciolto nel 1978 con la creazione del SSN. L’INAM aveva un
sistema di governance qualificato e riusciva a mantenere l’equilibrio finanziario
grazie a un’efficace analisi dei dati sanitari.
Date chiave:
1978: Legge 833 e creazione del SSN.
1992: Riforma del 502/1992 che trasforma le USL in ASL.
2021: Spesa sanitaria pro capite di 2.141,5 euro, con un totale di 2.833,6 euro includendo
la spesa privata.